Ius soli: l’ambiguità a cinque stelle

Ad alcuni capita di essere europeisti solamente quando si tratta di negare i diritti e sovranisti sempre quando si tratta di negare i diritti. È il caso della leadership pentastellata la quale chiede al parlameto di “fermarsi e chiedere un orientamento alla Commissione europea” perché “concedere la cittadinanza italiana significa concedere anche la cittadinanza europea”. Per la prima volta i pentastellati tirano in ballo l’Europa come partner da consultare e non come ostacolo. Ma è la stessa Europa a smentirli per voce del commissario sull’immigrazione e gli affari interni Dimitri Avrampoulos: “Non c’è nessuna legge dell’Ue che dica dopo quanti anni, o quali condizioni, uno Stato membnro debba concedere la cittadinanza”.

Guardiamo una classe elementare di una delle tante scuole delle nostre metropoli e non solo di queste. A Napoli in molte classi un terzo degli studenti è di orgine straniera: sono figli di cinesi, cingalesi, rumeni, latinoamericani, africani, ma sono nati tutti in Italia. Questi ragazzi crescono nella scuola pubblica italiana, pensano e sognano in italiano. Studiano i nostri poeti e la nostra storia, domani rappresenteranno la nostra storia nel lavoro che faranno, nelle relazioni che intraprenderanno. C’è un divenire italiano, italiani ed europei lo si diventa perché siamo terra di diritto e storicamente il riconoscimento e l’assunzione della nostra legge equivale all’adozione della nostra cittadinanza. Ma c’è anche un nascere italiano, e chi qui nasce diviene italiano ed europeo per natura. È solo questo lo Ius Soli. Un processo storico scontato quanto irreversibile. L’alternativa sarebbe instaurare coattamente un regime di apartheid. È questo che vogliono i cinquestelle? Vogliono lo stesso coatto regime di apartheid auspicato da Salvini e la Meloni?