1989 / 2019: ancora bambini privati del futuro

Sono passati trent’anni da quando, il 20 novembre 1989, veniva firmata la Convenzione Internazionale sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, promossa dalle Nazioni Unite e oggi sottoscritta da quasi tutti i Paesi del Mondo.
La Convenzione ha l’obiettivo di assicurare il diritto alla vita, il principio di non discriminazione senza eccezioni dovute a razza, colore, sesso, lingua, religione, opinioni politiche, stato sociale, origini, condizioni economiche.
Inoltre, la Convenzione afferma che ogni bambino, sin dalla nascita, deve avere diritto a un nome e a una nazionalità e beneficiare della sicurezza sociale, in modo da crescere e svilupparsi in modo sano.
Un imponente documento composto di 54 articoli, oltre tre protocolli opzionali, che ha stabilito che tutti i bambini e le bambine del mondo sono portatori e portatrici di diritti civili, sociali, politici, culturali ed economici.
Purtroppo, dal 1989 ad oggi, le violazioni dei diritti dei minori non sono affatto scomparse dalla faccia della Terra, ma nemmeno dall’Europa.
Al contrario, i dati Unicef ci parlano di 15 mila bambini sotto i 5 anni morti a causa di violenza. Per dirla più chiaramente, ogni 5 minuti muore una bambina o una ragazza, e ogni 7 muore un bambino o un ragazzo. La strada per una tutela reale dei diritti dei minori è quindi ancora lunga.
Ci sono infatti aree del mondo in cui sotto i 5 anni puoi morire anche per una semplice diarrea o una banale polmonite. Paesi in cui molti bimbi non possono giocare, cantare o leggere e in pratica non hanno diritto all’infanzia e sono oggetto di un selvaggio sfruttamento minorile.
Ci sono ancora le spose bambine! Basti pensare che nel mondo ancora un quarto delle bambine è costretta a contrarre matrimonio prima di aver compiuto la maggiore età. Una piaga altrettanto terribile è il perpetrarsi della pratica delle mutilazioni genitali femminili: si stima che 63 milioni di ragazze e bambine le abbiano subite. Inoltre, con le guerre e le persecuzioni che tormentano territori più vicini e lontani, ci sono poi i bambini soldato, oppure quelli che con o senza i genitori, sono in fuga dal loro Paese: scappano da guerre, povertà, regimi autoritari, violenze, privati di un futuro.
Per guardare in casa nostra, in Italia quello che emerge è una sempre più marcata disparità di condizioni fra il Nord e il Sud della penisola, dove cresce la povertà minorile, crescono i maltrattamenti e gli abusi, cresce la carenza di cure sanitarie adeguate, di condizioni abitative non idonee, di alimentazione non corretta. A questo si sommano anche la mancanza di accesso a luoghi educativi e ricreativi, a un’istruzione di pari livello, a una protezione sociale e all’inclusione.
Al Sud molto più che al Nord, infatti, la crisi economica ha impoverito tante famiglie e la politica non ha saputo garantire questi diritti ai minori.
Il lavoro da fare è quindi ancora tanto e necessita dell’impegno di tutti. Perché solo mettendo al centro i diritti dei più piccoli sarà possibile lasciare un mondo migliore alle generazioni che verranno.
Roberta Gaeta
Coordinamento nazionale demA